Minacce dirette, gravissime, inaccettabili. Si parla di vita o di morte. Le parole hanno un senso e pesano come lastre di piombo. Non solo quelle dette, ma soprattutto quelle scritte. I latini insegnano: quelle dette hanno le ali del volo ascensionale (verba volant), quelle scritte hanno la sciagura di una macchia d’olio che ti rimane nonostante i lavaggi con super candeggina (scripta manent) e ti scavano dentro paure provocando stati di insopportabile inquietudine.
Se le minacce sono rivolte a chicchessia, a raggio, a mitraglia, la gravità si fa inaudita. Se le minacce sono rivolte da categorie che normalmente sono spesso oggetto di minacce ti fermi, agghiacciato, a riflettere. L’intimidazione di un commerciante rivolta ai propri clienti prima del loro ingresso nel negozio ha veramente dell’assurdo. C’è la gravità di non capirne il senso e, perciò, rimani stordito. Come si fa a interpretare l’insegna di un negozio che riporta su una saracinesca chiusa le seguenti inequivocabili due parole “ESCA VIVA”.
Cos’è? Una minaccia al contrario? Può anche essere. Ormai non ci facciamo meraviglia di niente. Ci stiamo appiattendo il senso della curiosità. La minaccia potrebbe essere proprio l’opposto di quella tradizionale, radicalizzatasi in millenni di uso e consumo.
L’autore dell’insegna potrebbe aver sintetizzato un messaggio più o meno velato di questo tipo: “Lei, gentilissima cliente, entri liberamente nel negozio, ma stia molto attenta, lo fa a suo rischio e pericolo. Ne ho viste come lei. l’ho scrutata bene negli occhi. Ho intravisto intenzioni che non mi piacciono. Non si metta strane idee in testa. Non si permetta di morire all’interno del mio negozio. La consideri una minaccia nei suoi confronti: Esca viva! E, se preferisce con le mani alzate. Provo orrore della morte. Le persone mi piacciono vive e vitali. E ora mi faccia un regalo e si metta a ridere. Le posso solleticare le ascelle delle mani alzate?”
Supposizioni, al momento. Solo supposizioni. In attesa che indagini più approfondite facciano il loro corso e ricorso.
Raimondo Moncada
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