domenica 1 novembre 2015

Libri e patate per distruggere la criminalità organizzata

Una fiera della patata per sconfiggere la mafia. Possibile? Certo! Possibilissimo se la fiera della patata è intesa come evento culturale, come rituale sociale. La cultura è un’arma di distruzione criminale. E l’Italia ne ha da vendere. Possiamo esportarla in tutto il mondo. Ma non ne abbiamo piena coscienza. 

 

È uno dei passaggi che più mi ha colpito dell’intervento del sociologo, saggista, professore all’Accademia di Belle Arti di Catania Gianpiero Vincenzo Ahmad, chiamato come relatore all’incontro formativo organizzato a Mazara del Vallo, dall’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, avente a tema “I ghetti urbani nell’era digitale: pluralismo etnico e religioso, razzismo e deontologia giornalistica”. L’incontro si è svolto sabato 31 ottobre 2015 all’interno della Sala La Bruna, nell’antico Collegio dei Gesuiti, alla presenza di tanti giornalisti e del sindaco Nicola Cristaldi che ha messo a disposizione lo spazio dell’incontro. 



I lavori, coordinati dalla giornalista e presidente dell’Associazione Ila Grazia Patellaro, sono stati conclusi dal sociologo Carmelo Bartolo Crisafulli, medaglia d’oro, vittima del terrorismo negli anni di piombo, orfano di vittima della mafia, stretto collaboratore di Falcone, Borsellino e Chinnici. Anche il professore Crisafulli ha sostenuto la tesi “la mafia si sconfigge con la cultura, affiancata da valori” come la famiglia e soprattutto il lavoro. 

 

Si è parlato di tante cose, della questione emigrazione, di terrorismo, di sicurezza sociale, di integrazione, di pacifica convivenza tra popoli, di diversità etnica vista come opportunità di crescita. Un incontro molto formativo, interessante e coinvolgente. 


Nel suo intervento appassionato e colto, Gianpiero Vincenzo ha spiegato la “forza della ritualizzazione”. La ritualità è un bisogno dell’uomo, delle società. Lo dimostrano anche i social. E le organizzazioni criminali non sono esenti. Sono società fondate, saldate, sulle ritualità. Un punto di forza e allo stesso tempo un punto di debolezza. 

 

“L’attività culturale – ha detto Gianpiero Vincenzo – è un enorme deterrente contro i simboli della criminalità organizzata” ma anche un’arma con un potenziale altamente distruttivo. Lo Stato deve, allora, non tagliare i fondi destinati alla cultura ma aumentarli: più fiere delle patate, quindi, più fiere del libro, più festival del cinema, più rassegne teatrali. La gente se ne fotte della mafia se va a vedere uno spettacolo, se legge un romanzo! Immagino poliziotti e carabinieri andare in giro, per le strade della città, armati di libri e a leggere poesie ai criminali.  

 

La cultura non distrugge solo la mafia, non stordisce solo i delinquenti, è un moltiplicatore di ricchezza: “Ogni cento euro investiti in cultura producono 300 euro di Pil”, il prodotto interno lordo di uno Stato. “La cultura è il nostro bene e il nostro lavoro. Un settore in controtendenza”, in una fase storica di profonda crisi economica che ha fatto arretrare altri importanti settori. 

 

E la Sicilia come è messa? Gianpiero Vincenzo ha esaltato “quel genio di Andrea Camilleri” grazie al quale l’isola sta vivendo un periodo culturale straordinario. Le opere di Camilleri – libri e film - veicolano in tutto il mondo un’immagine della Sicilia meravigliosa, con una comunicazione che fa passare messaggi positivi come “bellezza, calore, umanità, giustizia” a differenza di sceneggiati o gialli noiosi e deprimenti. “Ne dobbiamo approfittare in maniera significativa” ha detto Gianpiero Vincenzo, parlando di turisti che da tutta Europa sbarcano a frotte all’aeroporto di Catania e di siciliani che a Modica, nel ragusano,  comprano vecchi bagli e li trasformano in centri per ospitare numerose comitive di turisti: “Benvenuti nella splendida Sicilia”. 

 

“Approfittiamone!”, perché la cultura, la terra culturale (lo scorcio di un biondo paese barocco, le patate a forno con odorosa polvere di rosmarino, l’aria marina, il sole amico) è la nostra miniera. Gianpiero Vincenzi ha quindi proposto la costituzione da parte dell’Ordine di nuclei di giornalisti che si occupino di teatro, di cinema, di letteratura ecc. per mettersi in contatto con i produttori di cultura e comunicare la loro attività servendosi bene della Rete, moltiplicando la ricchezza e scongiurando - diciamo noi - la nascita di ghetti culturali: quanti geni, quanti artisti, rimangono incompresi, emarginati, spernacchiati e non adeguatamente riconosciuti e valorizzati?  

 

Raimondo Moncada

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